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Team Building e Comunicazione: Fondamenti Pedagogici per l’Oratorio, la Casa Famiglia e l’Estate Ragazzi

 

La qualità del lavoro educativo di un’équipe – che sia quella degli animatori dell’Estate Ragazzi, dei volontari del Servizio Civile, o degli operatori in una casa famiglia – si gioca in larga parte sulla qualità delle relazioni interne al gruppo. Il “team building” non è un’attività opzionale o un momento ludico fine a sé stesso: è un processo pedagogico essenziale per rendere efficace, coerente e credibile l’azione educativa. In questo contesto, la comunicazione gioca un ruolo centrale.

 

1. Comunicazione come fondamento del gruppo educativo

Maria Montessori affermava che “l’educazione è un aiuto alla vita”. Questo aiuto non può essere offerto da singoli educatori isolati, ma da un gruppo coeso e comunicativo. La comunicazione, secondo il modello pragmatico elaborato da Paul Watzlawick, non è mai neutra: “non si può non comunicare”. Ogni gesto, ogni silenzio, ogni sguardo comunica qualcosa al gruppo e ai ragazzi.

Un’équipe educativa che non comunica o comunica male genera confusione, ambiguità e talvolta anche sfiducia nei destinatari. La comunicazione efficace non è solo scambio di informazioni, ma costruzione di significato condiviso, e questo è ancora più vero nei contesti educativi.

 

2. Il gruppo come spazio di relazione e apprendimento

Lev Vygotskij ha sottolineato l’importanza della relazione sociale nello sviluppo cognitivo ed emotivo. La cosiddetta “zona di sviluppo prossimale” è raggiungibile solo attraverso l’interazione con altri. In questo senso, il gruppo degli animatori o dei volontari non è semplicemente un mezzo per raggiungere i ragazzi, ma è esso stesso uno spazio educativo.

Quando un gruppo di educatori funziona bene, si crea un clima relazionale che i ragazzi respirano e interiorizzano. Se invece il gruppo è disgregato, se ci sono tensioni irrisolte, silenzi carichi, esclusioni o sottogruppi chiusi, tutto questo si riflette in modo diretto sull’esperienza educativa.

Come ricorda Franco Cambi, uno dei maggiori pedagogisti contemporanei, “l’educazione è sempre mediazione di senso”: ma perché questa mediazione avvenga, occorre un contesto relazionale che sia trasparente, riconoscente e dialogico.

 

3. La comunicazione generativa

Il pedagogista Daniele Novara, fondatore del CPP (Centro Psicopedagogico per l’Educazione e la Gestione dei Conflitti), insiste molto sulla distinzione tra comunicazione reattiva e comunicazione generativa. La prima si limita a rispondere agli stimoli (spesso con aggressività o chiusura), la seconda costruisce ponti, immagina soluzioni, mette in comune vissuti.

Comunicare bene in un gruppo educativo significa:

  • saper ascoltare attivamente
  • saper dare feedback costruttivi
  • chiedere chiarimenti prima di giudicare
  • fare il possibile per evitare malintesi

Significa anche saper gestire i conflitti in modo non violento, come suggerisce Marshall Rosenberg con il suo modello di Comunicazione Non Violenta (CNV): osservare senza giudicare, esprimere i propri sentimenti, dichiarare i propri bisogni, formulare richieste chiare.

 

4. Buone prassi e criticità nella comunicazione educativa

 

Errori comuni:

Oratorio:

  • Un animatore che critica un altro davanti ai ragazzi: mina la credibilità dell’équipe.

  • Coordinatori che non condividono le informazioni importanti (orari, cambi di programma): si genera confusione e sfiducia.

  • Silenzi tra membri del gruppo a causa di rancori o divergenze non affrontate: aumenta la tensione e si creano sottogruppi.

Casa Famiglia:

  • Volontari che non segnalano in modo tempestivo un disagio osservato in un ragazzo: il gruppo educativo non può intervenire in tempo.

  • Operatori che evitano il confronto diretto e parlano alle spalle: crea un clima di sospetto.

Estate Ragazzi:

  • Animatori che si isolano con il proprio “gruppetto di amici”: il gruppo educativo perde compattezza e i ragazzi se ne accorgono.

  • Riunioni in cui parlano solo i “soliti”, e gli altri si sentono esclusi: si inibisce la partecipazione attiva e creativa.

 

Buone prassi:

Oratorio:

  • Inizio di ogni giornata con un breve momento di condivisione tra animatori: serve a sintonizzarsi e prevenire malintesi.

  • Verifiche settimanali per dare spazio ai vissuti e correggere insieme ciò che non funziona.

Casa Famiglia:

  • Diario condiviso (cartaceo o digitale) per segnalare eventi, umori, situazioni critiche vissute dai ragazzi.

  • Momenti periodici di supervisione con una figura esterna per aiutare il gruppo a elaborare i conflitti.

Estate Ragazzi:

  • Piccole attività di team building ogni settimana (giochi cooperativi, uscite, momenti spirituali condivisi).

  • Cura nella comunicazione visiva (cartelloni, messaggi WhatsApp, planning): chiarezza e accessibilità evitano stress e fraintendimenti.

 

5. La consapevolezza del rischio: se si divide l’équipe, si indebolisce l’educazione

Ogni équipe educativa deve avere coscienza di una verità fondamentale: quando il gruppo si divide, l’animazione si spegne. I ragazzi – specialmente quelli più fragili o feriti – percepiscono subito se tra gli educatori c’è armonia o tensione. E questo incide sulla loro fiducia, sulla loro apertura, sulla loro voglia di mettersi in gioco.

Le divisioni interne non sono solo un problema “organizzativo”: sono un vulnus pedagogico. Rompere la comunicazione nel gruppo significa togliere coerenza all’esperienza educativa, che si regge sull’accordo tra chi educa.

È dovere di ogni membro del gruppo coltivare la comunicazione, favorire la trasparenza, non chiudersi nel non-detto. A volte basta una parola fuori posto per far crollare la fiducia. Altre volte basta una parola giusta, detta con sincerità, per ricostruirla.

 

Conclusione

Team building e comunicazione non sono compiti tecnici, ma esperienze profondamente umane e spirituali. Come diceva Don Bosco: “La carità sia comunicativa e paziente”. Se vogliamo essere educatori nel suo stile, dobbiamo saperci volere bene anche quando non siamo d’accordo. E questo richiede esercizio, pazienza, coraggio.

Una comunità educativa che comunica bene è già un messaggio educativo.


Bibliografia essenziale:

  • Paul Watzlawick et al., Pragmatica della comunicazione umana

  • Marshall Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri)

  • Daniele Novara, Litigare fa bene

  • Franco Cambi, Pedagogia generale

  • Lev Vygotskij, Pensiero e linguaggio